Pochi giorni fa ci ha lasciati il Prof. Ireneo Ferrari, dell’Università di Parma. Nel nostro ateneo già dagli anni ’70, ha ricoperto il ruolo di professore ordinario di ecologia dal 1990 al 2009.

La sua attività di ricerca ha riguardato principalmente gli ecosistemi di acque interne e di transizione, in particolare i laghi appenninici dell’alta Val Parma, i fiumi e l’ambiente lagunare del Delta del Po. Di questi ecosistemi ha studiato in particolare la biodiversità acquatica, le funzioni ecologiche del plancton e la sua variabilità. Le sue indagini sugli indicatori di qualità ambientale di ecosistemi acquatici hanno avuto importanti ricadute per la conservazione della natura. Ha partecipato al Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e ha coordinato il gruppo di lavoro che redige le linee guida per la predisposizione di un piano nazionale di monitoraggio ambientale delle zone umide.

A Parma ha dato un contributo fondamentale all’attività del CIDIEP, Centro di informazione, documentazione, educazione ambientale e ricerca sull’area padana, che ha tradotto i dati scientifici in informazioni ed approfondimenti destinati alle attività educative e formative.

Ireneo Ferrari dedicava una notevole abbondanza di tempo alla ricerca, che conduceva con grande precisione e rigore. Amava la politica, e manifestava apertamente la propria appartenenza. Rispondeva generosamente agli inviti della nostra città, quando si sentiva la necessità della sua competenza. Ricordo in particolare il suo contributo al volume del WWF di Parma “Sguardi sulla biodiversità nel Parmense”, del 2012. In quell’occasione scrisse un capitolo dal titolo “I valori della biodiversità”: indicazioni basate su un’esperienza di vari decenni, che possono guidare anche la discussione di oggi sull’inserimento del concetto di biodiversità nello statuto comunale.

Cito solo le ultime righe di quel capitolo, che invito a leggere per intero.

“Si invita a considerare come realistica, possibile e necessaria la realizzazione di un progetto, inevitabilmente di tempi lunghi, che investa sulla conservazione delle risorse ambientali e culturali e sulla valorizzazione del capitale umano del nostro paese come strategia per uno sviluppo razionale ed equilibrato. (…) La partita, che è di idee e di culture nell’orizzonte di una scienza e di un’etica della sostenibilità, si configura anzitutto come battaglia di civiltà e di democrazia, che può contare sulla disponibilità di risorse straordinarie: la passione, l’intelligenza e il disinteresse di tante persone dei mondi del lavoro, della scuola e della ricerca, dell’educazione ambientale e della comunicazione naturalistica, dell’ambientalismo e del volontariato. È una partita aperta che si può giocare. E addirittura vincere. È successo altre volte, anche recentemente, per altre partite, quando pochi ci credevano. Perché non dovrebbe succedere ancora?”