Negli ultimi mesi e sempre più di frequente nelle ultime settimane, la gravissima crisi idrica in cui ci troviamo spinge la stampa, ad occuparsi del tema focalizzando l’attenzione solo sul tema invasi.
Un caso paradigmatico è quello del fiume Enza, il cui progetto di diga a Vetto, è oggetto di una diffusa attività di disinformazione. Allora è il caso di dire che non è stata finanziata nessuna realizzazione della diga, ma sono stati destinati 3 milioni e mezzo di euro (3,2 dal Governo e 300.000 dalla Regione) per uno studio di fattibilità tecnico-economica dell’opera.
Uno studio sul fabbisogno idrico del bacino dell’Enza è già stato elaborato dall’Autorità di Bacino, che propone tre scenari, in ordine di priorità. Innanzitutto, le misure necessarie al risparmio idrico e all’uso razionale della risorsa. Poi azioni come la realizzazione di laghetti consortili. Solo come ultimo scenario si propone la realizzazione di uno sbarramento dell’Enza, per lo stoccaggio di 27 milioni di mc e non di 100, come prevedeva il progetto degli anni ’80.
L’Enza da decenni subisce una progressiva canalizzazione, si è persa la capacità di laminazione di buona parte delle golene, si stanno perdendo vari habitat e lo stato ecologico già nella zona collinare è classificato “non buono”, così come lo stato chimico delle acque sotterranee.
In queste condizioni il corso d’acqua non svolge in modo adeguato le funzioni che potrebbe svolgere in condizioni normali: alimentazione degli acquiferi, autodepurazione, regimazione delle acque, trasporto dei sedimenti verso valle fino alla costa, prevenzione delle piene e conservazione della biodiversità.
Come ci ha ricordato un recente appello del Centro Italiano per la Riqualificazione fluviale, la costruzione di una diga aggraverebbe ulteriormente la situazione di questi servizi ecosistemici, che sarebbero invece da ripristinare e da sostenere.
Esaurire il dibattito in uno sterile confronto pro e contro la diga di Vetto significa togliere spazio a importanti decisioni che possono rispondere alla crisi idrica in modo più immediato ed efficace: il ripristino della quota di fondo del fiume e dei rami intrecciati dell’alveo, la realizzazione di piccoli invasi, la ricarica controllata degli acquiferi, l’utilizzo delle cave dismesse e delle casse d’espansione a fini di stoccaggio idrico.
Il gruppo Europa Verde – Verdi – Possibile auspica che il dibattito a Parma si apra ai reali problemi del fiume Enza e alle opportunità di una sua riqualificazione e delle funzioni ecologiche a beneficio del territorio e della risorsa idrica.