Foto Parchi del DucatoIl fiume Taro nel tratto protetto dal Parco Regionale

Egr. Direttore,

anche sulle pagine della Gazzetta riguardo la tragica alluvione in Romagna ho letto vari pezzi, che cercano di trovarne le cause, evidenziare le responsabilità, individuare i colpevoli. E più in generale ancora una volta sui media si assiste ad una discussione accesa tra opinioni diverse, se non ad un vero e proprio scambio di accuse.

Tutto abbastanza legittimo (al netto delle tante fake news), prevedibile e spero utile ad un cambiamento nel governo del territorio e alla nostra capacità di prevenire e gestire i cambiamenti climatici. Temo però che la rabbia e lo sconcerto suscitati dalla terribile situazione della Romagna rischino di fare gettare il bambino, insieme all’acqua sporca e al fango di questa alluvione. Non siamo all’anno zero della difesa del suolo, né della lotta al cambiamento climatico. Nei decenni passati molte conquiste ci hanno dotato di strumenti normativi ed operativi che oggi vanno riconosciuti, valorizzati e potenziati, per prepararci meglio ai prossimi eventi.

Intanto va riconosciuto al servizio Idro Meteo Clima di ARPAE la tempestività e la precisione con cui è riuscita a dare l’allerta e a mettere i comuni nelle condizioni di organizzarsi, secondo protocolli che negli ultimi anni sono stati migliorati e resi più efficienti. Ad esempio sono state tenute chiuse le scuole: un provvedimento che stava già raccogliendo le solite critiche da chi non capisce che la prevenzione va misurata sui danni evitati. Quindici morti sono troppi, ma senza le informazioni di ARPAER ed un coordinamento collaudato, potevano essere molti di più. Anche questo è adattamento ai cambiamenti climatici.

Poi abbiamo le Autorità di Bacino distrettuali, alle quali dal 1989 è stata attribuita la pianificazione della difesa del suolo a scala di bacino, che è l’unità territoriale più rispondente ad un governo efficace dei corsi d’acqua, a partire dalla definizione delle fasce fluviali, dei piani di gestione delle acque e delle alluvioni. Si tratta di un ente che purtroppo trova ancora troppe sovrapposizioni con altri soggetti, fra cui i vari commissari ai quali troppo spesso si ricorre, rendendo ancora più complicata, inefficace e costosa l’azione di governo. Un esempio è il Baganza, dove la Regione ha realizzato un progetto difforme a quello previsto dall’Autorità, il cui Piano di Assetto Idrogeologico prevede una sistemazione dell’argine di via Montanara, mai completata.

Dal punto di vista normativo abbiamo fatto molti passi avanti. Dagli anni ’80 non si scava più negli alvei dei fiumi per estrarre ghiaia. Questo non ha impedito un’ulteriore incisione con situazioni gravissime, come quella dell’Enza, sprofondato in un canyon di 11 metri, che scarica a valle le portate di piena con violenza e grande velocità. Sono tuttavia previsti dei piani di gestione dei sedimenti, che dovrebbero portare ad un maggiore equilibrio e sicurezza. La vegetazione, in linea con la visione condivisa a livello europeo comincia ad essere vista come parte integrante del corso d’acqua. È il caso, ad esempio, del tratto urbano della Parma, dove da anni AIPO applica una gestione della vegetazione capace di mantenere i valori naturalistici che caratterizzano questo ambiente straordinario e nel contempo la sicurezza idraulica.

Alcuni corsi d’acqua hanno cominciato a riavere una parte dello spazio che era stato loro sottratto, applicando criteri tecnici riconosciuti a livello regionale dal 2015, quando furono approvate le Linee guida per la riqualificazione fluviale.  A Parma abbiamo l’esempio paradigmatico del Taro, il primo Parco Regionale Fluviale dell’Emilia – Romagna, dove trentacinque anni di gestione naturalistica hanno determinato un netto miglioramento della sicurezza idraulica. 

C’è poi la grande sfida della mitigazione dei cambiamenti climatici. Su questo fronte Parma si trova in prima linea, con l’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2030. Si tratta di tracciare meglio la strada con il “climate city contract”, ma credo che oggi ancora di più l’obiettivo sia da confermare senza esitazioni.

Così com’è da confermare tutto ciò che di buono è stato fatto per il territorio e da dargli spazio, per immaginare un futuro diverso dall’inferno di questi giorni in Romagna.