Lunedì pomeriggio, una settimana fa, il 22enne Hasan Khan è morto investito da un treno, sulla linea Parma-Brescia, mentre tornava dal lavoro in bicicletta, dopo un turno di dieci ore allo SPIP. Hasan proveniva dal Bangladesh ed era a Parma da due anni, all’interno di un progetto di accoglienza.
Nella settimana in cui giustamente Parma festeggia la designazione come Capitale europea dei giovani nel 2027, la tragica fine del giovane Hasan ci rimanda alle sue condizioni di vita, come a quelle di tanti altri giovani che abitano e lavorano nella nostra città.
I colleghi della Md Service hanno fatto sentire la loro voce, con uno sciopero martedì scorso e una raccolta di fondi per consentire il trasporto della salma in Bangladesh.
Come molti altri giovani bengalesi Hasan provvedeva al sostentamento della famiglia nel Paese d’origine inviando a loro parte del suo stipendio. Era stipendio frutto di un lavoro precario, in una posizione di vulnerabilità, di fragilità e molto ricattabile, in condizioni di esternalizzazione, con poche garanzie e tutele, a partire dalla difficoltà di raggiungere il posto di lavoro con mezzi adeguati.
Rispetto ad altri giovani stranieri arrivati in Italia dopo l’approvazione del Decreto Cutro, Hasan poteva sperare nel riconoscimento della protezione speciale, per cui aspettava l’esito di un ricorso. Ma come altri non poteva permettersi lunghi periodi di lavoro, per non superare la soglia che gli avrebbe tolto il diritto all’accoglienza e lo avrebbe lasciato senza un’abitazione, in una città dove i proprietari si permettono di tenere vuoti migliaia di alloggi.
Oggi Parma è chiamata a rispondere almeno ad un gesto di pietà nel garantire il ritorno in patria della salma e a non abbandonare la famiglia di Hasan. In futuro il ricordo di Hasan dovrà aiutarci a rendere Parma più capace di garantire condizioni di vita migliori a chi, come lui ha fatto per due anni, vive e lavora nella nostra città.