Lo stop alle auto a combustione interna entro il 2035

Recentemente il Parlamento Europeo ha approvato il provvedimento che bandisce auto e furgoni a combustione interna entro il 2035. Si tratta di un traguardo importante, necessario per raggiungere gli obiettivi di neutralità carbonica entro il 2050 e per dare all’industria e al mercato una spinta innovativa necessaria per essere competitivi a livello mondiale.

Purtroppo in Italia la decisione ha provocato varie reazioni negative, che evidenziano una arretratezza del nostro Paese, un’incapacità di cogliere le opportunità offerte da questo rinnovamento epocale del sistema di mobilità e soprattutto una certa disinformazione.

È il caso quindi di precisare che la scelta dell’elettrico, su cui si sta orientando in modo sempre più deciso l’industria automobilistica, è fondata su diversi vantaggi di natura tecnica ed economica. Nel suo ciclo di vita di un’auto elettrica emette la metà della CO2 prodotta da un’auto a benzina, che butta via sotto forma di calore il 75% dell’energia contenuta nel combustibile. L’auto elettrica sarebbe vantaggiosa anche se l’energia fosse prodotta esclusivamente da fonti fossili, ma lo è di fatto ancora di più con l’attuale mix di elettrico al 40% da fonti rinnovabili in Italia. C’è un allarme infondato su alcuni elementi necessari alle batterie. Di certo servirà più litio, ma si tratta di un materiale che una volta estratto può poi essere recuperato all’infinito a differenza del petrolio che deve essere estratto in continuazione e in quantità enormi. Il tema dei costi, già in riduzione, non può essere un argomento contro l’auto elettrica per lo stesso motivo per cui non lo era per i primi telefoni cellulari, oggi diventati beni di largo consumo.

L’Unione Europea ha stabilito che dobbiamo dare un’accelerata all’innovazione, lasciandoci alle spalle una tecnologia che ci portiamo dietro da 140 anni. Una tecnologia molto più vecchia di tante altre che nel frattempo abbiamo abbandonato: la macchina da scrivere, il disco su vinile, la radio a valvole, la tv a tubo catodico.

Non si tratta di sostituire i nostri ingorghi di auto a scoppio con altrettanti ingorghi di auto elettriche. Siamo alle soglie di un’innovazione di sistema, con uno spostamento dall’auto di proprietà, che resta ferma per il 95% del tempo, all’auto come servizio, da utilizzare in modo integrato alle altre forme di trasporto pubblico. L’affermarsi dell’auto elettrica va di pari passo con quello della guida autonoma di cui a Parma abbiamo un’eccellenza a livello di progettazione.

La guida autonoma e la condivisione dei mezzi, oltre a fornire all’utente di utilizzare mezzi diversi in relazione alle sue diverse esigenze, ridurrà la necessità di spazi riservati al parcheggio, che oggi a Parma occupano una superficie pari a sei volte il Parco Ducale. Il veicolo che arriva sotto casa chiamato con lo smartphone è già una realtà dal punto di vista tecnico. Possedere un’auto è un concetto superato in molte aree urbane europee e lo sarà sempre di più in futuro, mentre si andrà verso una distribuzione più equilibrata tra i diversi mezzi di trasporto.

Dobbiamo quindi chiederci se Parma si stia attrezzando a cogliere questa grande spinta innovativa. Alcuni segnali ci fanno pensare di sì; ad esempio l’istituzione delle zone 30, il piano sulla mobilità scolastica, l’attuazione del sistema move-in. Non vanno nello stessa direzione le nuove infrastrutture pensate per un aumento dei flussi di autoveicoli, come la previsione di nuovi parcheggi e di nuovi generatori di traffico. Penso ad esempio ai 216 posti auto previsto all’ex cral Bormioli, una struttura che per la sua natura legata al mondo dello sport e del benessere, dovrebbe invece puntare ad altri sistemi di accesso.

Auspichiamo quindi che questa Amministrazione sappia adeguare i propri programmi e progetti per essere all’altezza della propria vocazione di città europea.